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Ciao Pino Crocetti, «tocca fa’ go’»

FABRIANO - «Tocca fa’ go’». Se ci pensate bene, il gioco del calcio sta tutto qui ed è tanto semplice. Pacifico “Pino” Crocetti ce lo riassumeva in tre parole, due delle quali troncate nel più perfetto dialetto fabrianese, così come quel “tocca” inteso nel senso di “bisogna”.

Già, tipicamente fabrianese. Perché “Pino” è stato uno dei simboli più luminosi del calcio della nostra città, di cui ha interpretato l’essenza e l’amore: prima giocatore fino alla serie D, poi allenatore a livello giovanile e indimenticabile formatore. Nozioni semplici di vita vissuta sul campo, tanto gioco, lavoro sulla tecnica e sul controllo di palla, teoria quanto basta (cioè poca). «Un dribbling de meno e un passaggio de più», diceva, col vocione che spuntava da sotto il baffo. Tanto semplice, no?

Pino Crocetti ci ha lasciato il 6 giugno all’età di 77 anni e i tantissimi messaggi scritti sui “social” dai suoi ex compagni di squadra, dai suoi ex allievi delle scuole calcio, dai suoi colleghi allenatori stanno a testimoniare quanto fosse apprezzato e amato.

Era nato a Fabriano il 12 marzo 1948. Cresciuto nel vivaio della Fortitudo, nel 1967 era già nella “rosa” della prima squadra in serie D. «Calcisticamente - lo ricorda l’ex compagno Gisleno Compagnucci - era una mezz’ala con ottima visione di gioco, serviva palloni filtranti e aveva un controllo di palla vellutato, sembrava accarezzarla e nasconderla agli avversari, la teneva come incollata al piede».

Un piede che - qualcuno ricorda - calzava scarpe appena numero 39, quindi piccolissimo se paragonato a un fisicone di oltre un metro e ottanta, ma proprio per le sue esigue dimensioni era un piede estremamente educato a trattare la palla.

Nella stagione 1970/71 fu uno degli artefici della storica vittoria nel campionato di Promozione Regionale (paragonabile all’attuale Eccellenza), con mister Sandro Mosca in panchina e tutti giocatori di Fabriano in campo. «Regista indiscusso della squadra», scrisse il giornalista Fabrizio Bertin su “L’Azione” al termine di quel vincente campionato. Nonostante un infortunio lo avesse colpito alla fine del girone di andata, strinse i denti nel girone di ritorno collezionando 26 presenze e fornendo un contributo determinate al salto di categoria.

«Avrebbe meritato di giocare in ben altre serie superiori – prosegue Gisleno – ma, come accaduto a tanti altri, rimase qui per l’amore di Fabriano e della sua famiglia».

Nel 1975 passa a giocare nella vicina Gualdo Tadino insieme a Gianni Reversi (altro alfiere fabrianese degli anni precedenti) ma ritorna a Fabriano nel 1978/79 a far da “chioccia” in Promozione a una squadra di giovani con tanti ragazzi provenienti dalla Juniores, dimostrandosi per loro un maestro in campo.

Alla fine degli anni Ottanta chiude la sua lunga esperienza agonistica passando al “calcio a 5”, disciplina allora agli albori, militando nella Mobilspazio con altri talentuosi “big” del calcio locale (Casiraghi, Compagnucci, Spuri Forotti).

Terminato il calcio giocato, inizia l’attività di allenatore trasmettendo le sue conoscenze calcistiche nei campionati di Prima e Seconda Categoria, per poi prediligere la scuola calcio giovanile della Fortitudo a partire dai primi anni Novanta. Con i suoi insegnamenti forma tecnici e giovani calciatori. Allena per alcuni anni a livello giovanile anche a Sassoferrato.

La settimana scorsa, Simonetta Venturi ha scritto sul blog "La Complessità del calcio" (gestito dal giocatore milanista Filippo Galli) un ricordo che è come una fotografia fatta di parole: «Per nostra comune sfortuna, ha pensato di andarsene mister Pino Crocetti, giocatore, allenatore, uomo simbolo in quanto ha trascorso sui campi i suoi anni di vita. Intelligenza pura sostenuta da due piedi buoni, intuito calcistico straordinario, educatore non di parole (poche e taglienti) ma di fatti e risultati. I suoi occhi trasparenti, la sua voce roca, le battute sempre tanto divertenti non mi lasciano scampo e allora eccomi qui a scrivere. Non voglio farne un caso privato ma credo che la vita di Pacifico (solo nel nome) non debba essere sperperata, e quindi ne scrivo affinché la sua maestria, da cui abbiamo attinto, possa continuare a essere trasferita a tanti giovani calciatori».

Giovani giocatori che non devono mai dimenticarselo, è tanto semplice: nel calcio «tocca fa’ go’».

E sarà tutto più divertente.

Ferruccio Cocco