Dialogo

Don Marco Strona: i primi tre mesi in Cile

Sono già trascorsi tre mesi dal mio arrivo a Santiago del Cile, dove ho iniziato a muovere i primi passi nella missione scalabriniana. Fin dall’inizio ho avuto la possibilità di conoscere da vicino una realtà complessa e affascinante, segnata da tante sfide ma anche da molte opportunità. In questi primi mesi mi sono inserito in diversi ambiti di lavoro, che spaziano dall’accompagnamento delle persone migranti alla collaborazione con altre realtà ecclesiali e sociali. Qui a Santiago ho incontrato una bella comunità religiosa, che subito mi ha accolto con gioia. Non è stato difficile, per me, abitare con persone di altre culture: nella comunità dove vivo, a parte me, ci sono 3 brasiliani e un haitiano. In particolare la missione comprende la parrocchia “Nostra Signora di Pompei”; una casa di accoglienza e due centri di formazione e assistenza. La parrocchia, costruita 70 anni fa dai primi migranti italiani – è un centro di ritrovo per le tante comunità migranti provenienti da tutti i Paesi dell’America Latina. Si tratta, infatti, di una parrocchia che ha come titolo “italiana e latinoamericana” (è una parrocchia “personale”, secondo l’ordinamento del codice di diritto canonico). Sin dall’inizio del mio arrivo, insieme agli altri confratelli abbiamo individuato subito la necessità di lavorare intorno al tema dell’integrazione dei migranti, essendo Santiago un luogo, fondamentalmente, di arrivo, della migrazione, dove molte persone hanno trovato lavoro, contribuendo così alla crescita dello stesso Paese. Ma non si tratta solamente di una crescita economica-sociale, ma anche spirituale e culturale. La fede e la pietà popolare dei migranti con cui lavoro quotidianamente non solo hanno arricchito la devozione e la spiritualità dei cileni, ma hanno anche contribuito a una nuova comprensione della fede stessa. Attraverso i loro gesti, le loro preghiere e la loro capacità di affrontare le difficoltà con fiducia, emerge una spiritualità viva e concreta, che invita tutti a guardare la fede con occhi nuovi, più aperti e inclusivi. Questo scambio continuo tra culture e tradizioni religiose rende il cammino della missione ancora più stimolante e profondo. Ci siamo subito chiesti, allora, cosa poter fare. Ne è nato un bel cammino. Guidati dall’ispirazione di San Giovanni Battista Scalabrini, il quale incoraggiava e invitava a lavorare congiuntamente – sinodalmente – con Chiesa, società civile e governi, abbiamo seguito questo stesso itinerario, coinvolgendo il Nunzio Apostolico, l’Università Cattolica, e le varie ambasciate e consolati (di quasi tutte le comunità presenti nella missione). Abbiamo incontrato – per quasi 2 mesi – singolarmente tutte queste Istituzioni, ponendo al centro dell’incontro le stesse domande: “cosa si intende, anche a livello teorico, con il termine integrazione? Cosa possiamo fare insieme?".  Da parte nostra abbiamo messo a disposizione il Ciami (Centro Integrado de Atención al Migrante) come luogo chiave per l’integrazione, che può essere valorizzato, ampliando così la sua offerta, attraverso questo dialogo. Per ora posso dire che il lavoro è molto stimolante e mi offre continui momenti di crescita e mi preparo sempre di più a esercitare il mio ministero — che quest’anno celebra dieci anni — attraverso questo carisma specifico a cui il Signore mi ha chiamato, cercando di vivere pienamente la missione che mi è stata affidata.

d. Marco Strona