Un senso per le vacanze
Ormai ci siamo. Ci siamo avvicinati al momento della pausa estiva dove anche il nostro settimanale ‘L’Azione’ si prende la sua vacanza. Che non significa chiudere i ponti con i suoi lettori (rimane la versione online), ma continuare in modo diverso ma rilassante a progettare in vista della nuova stagione idee e proposte di comunicazione che abbiano incidenza sul territorio e possano far crescere, con coscienza e modus operandi, la comunità. Riposo sì, ma anche costruttivo. Eppure spesso in vacanza non siamo contenti, ci stanchiamo. Può anche darsi che il posto sia bello, la compagnia ottima, tutto insomma funzioni ma… non ci sentiamo a posto. E torniamo a casa più stanchi di quando siamo partiti. Come mai? Di solito, perché vogliamo «riempire» la vacanza di cose, eventi, persone. Sempre gli stessi di quando lavoriamo. Mentre dovrebbe essere un’esperienza di vuoto. La radice della parola vacanza è la stessa del latino vacuum, che significa, appunto, vuoto. Questo periodo può ristorarci proprio perché fa succedere un momento di svuotamento dagli impegni, incontri, pensieri, alla normale vita quotidiana, che invece è zeppa di tutte queste e sempre le stesse cose.
La prima necessità della vacanza, per funzionare davvero, è dunque quella di cambiare la nostra vita di ogni giorno. Ciò viene sempre più spesso interpretato come un dover cambiare luogo, abitazione. Stiamo in città, e andiamo in un paese di mare, stiamo in Italia, e andiamo all’estero, convinti che questo cambiamento, di per sé, ci metta «in vacanza».?In realtà il luogo dove stiamo è un elemento importante, ma ancora superficiale. Decisivo è invece sostituire, alle abituali preoccupazioni, assilli, pensieri, un momento, appunto di vuoto. I padri della Chiesa lo chiamavano «deserto». Vedendolo come un luogo psicologico e mentale caratterizzato appunto da un’assenza di contenuti, e proprio per questo idoneo a farci trovare ciò che di solito non vediamo: chi siamo noi stessi, e (nella loro ricerca), persino Dio. Non è un abbassare la saracinesca su tutto, ma di aprirla sul mondo per guardare finalmente quello che non vediamo d’inverno o a primavera perché calamitati solo da una tastiera o da uno smartphone. ?Questi contenuti importanti, che quando vengono trovati ci riempiono di felicità, ci appaiono però quando meno ce li aspettiamo: nel linguaggio della patristica appunto nel «deserto», non nel monastero o nella cattedrale, luoghi impegnativi, iperorganizzati, dove difficilmente può prodursi qualcosa di nuovo.?Le vacanze di oggi spesso non funzionano perché sono troppo affollate: non tanto di persone, ma di idee, cose da fare, impegni. Prigionieri dello stress del non far nulla. Quanto di più sbagliato ci sia. Lo sperimentare tranquillamente il vuoto, l’otium dei latini, rischia di diventare impossibile perché siamo di nuovo impegnati fino al collo in mille «negotia», occupazioni e progetti. A quel punto, abbiamo prontamente evitato la noia, e quel senso di straniamento che accompagna ogni reale cambiamento di ambiente, ma abbiamo anche liquidato la nostra sospirata vacanza. Per continuare a stancarci, come sempre.
Invece il tempo della vacanza è il momento in cui l’adulto e il giovane sono liberi dalle solite occupazioni per dedicarsi ad altro, magari a quelle passioni e a quegli interessi a cui non ci si può dar troppa cura durante l’anno. Le vacanze sono l’occasione per affermare e seguire quanto di bello uno ha incontrato o viceversa per essere provocati dal fatto che non si è ancora incontrato o riconosciuto qualcosa di grande nella vita e allora questa constatazione può diventare provocazione del fatto che vada cercato. In pratica, da come si utilizza il proprio tempo libero spesso si comprende che cosa ci interessa e ci sta davvero a cuore. Non c’è risposta però ad una domanda che non si pone. L’augurio è che durante le vacanze il cammino della persona possa essere una vera esperienza. Da cosa si misura un’esperienza? Dall’esito, dalle delusioni, dai risultati, sì in parte anche da questo, ma soprattutto dal fatto che quanto si vive divenga occasione per essere più umani e meno macchine, per capire un po’ meglio la propria identità, la propria strada e che cosa abbia a che fare quanto viviamo con il nostro desiderio di felicità. E’ un lavoro su di sé, ma non stanca. Del resto siamo ancora in vacanza!
Carlo Cammoranesi